Marina Cvetaeva.



Le tue vittorie non sono le mie!/ Vittorie diverse io vedo in sogno. Siamo dai due capi della terra. Su due pianeti./Amanti di diverse stelle-perché dunque/getto un ponte/con mano audace?

Marina Cvetaeva cominciò a scrivere versi a sei anni e la sua vita fu nutrita di letteratura, smembramento e passione: E' considerata una delle voci più originali della poesia del XX secolo e, se vi capita di trovarlo, magari da un remainders, vi consiglio una bellissima biografia, ricca e completa, Marina Cvetaeva di Simon Karlinsky, Guida editore. Impreziosita da poesie ha un importante apparato critico e rende con completezza e passione la figura di questa donna, poeta e scrittore - intendete le parole in senso universale e neutro, "poetessa" non mi piace  e anche "scrittrice " poco- di grandissimo livello, la cui riscoperta avvenne a partire dagli anni Sessanta. Su di lei sto lavorando da tempo e sto raccogliendo   appunti sparsi per un lavoro e  un omaggio alla sua opera, dentro e attorno i suoi temi, il suo destino, le passioni e gli eventi della storia che spazza via, che lascia brandelli, che accentua il sentimento di impotenza, ma che poco, tranne il tragico (ma fu poi così tragico o fu scelta?) epilogo, poco potè contro questa donna che aveva la scrittura come destino e la passione come nutrimento
Fu una donna che fra amori, tragedie, escoriazioni sulla pelle e nel cuore, equilibrismi, ambivalenze,  scomposizioni, momenti bui e momenti luminosissimi, enfasi e quotidiano, amputazioni, sfilacciamenti, parole svilite, svuotate, riprese, rese nuovamente vive, palpitanti il battito che era il suo, gocciolanti il sangue che era il suo, è riuscita  a lasciare un segno importantissimo e ancora, riesce a commuovere e ancora, ne sono certa, in chi la legge davvero, riesce a seminare quello che voleva con la sua dannazione/predestinazione per scrivere sempre e comunque. Concludo con due poesie per cominciare a conoscerla meglio, per chi magari ancora di lei non sa nulla, o troppo poco.

Voci col loro gioco di presagio,
Sguardi d’una nerezza furibonda,
Riarse e torride
Fatali bocche —
Ah, io con voi ho lottato facilmente!
Ma voi, — che fate con me, voi,
Beffa negli occhi, e nella voce
Freddezza innata.
14 marzo 1915 ( traduzione dal russo di F. Gabbrielli)
Violinista fu un qualche mio antenato,
Cavallerizzo, e ladro anche, per giunta.
Non per nulla ho l’istinto della zingara
E i miei capelli odorano di vento!
Non è lui, l’olivastro, che dal carro
Ruba con la mia mano le albicocche,
Il ricciuto e camuso responsabile
Del mio destino passionale?
Guardava sbalordito il contadino,
Rigirando una rosa fra le labbra.
Fu un cattivo compagno, – ma un amante
Focoso e tenerissimo!
Passionista di pipa, luna e barche,
E di tutte le giovani vicine...
E in più, mi sa, sia stato un bel vigliacco
Quel mio antenato occhiogialluto.
Che per un soldo via! l’anima al diavolo,
Non andasse per tombe, a mezzanotte!
E mi sa pure che nello stivale
Portasse dietro tanto di coltello.
Che spesso e volentieri lui sbucasse,
Agile come un gatto, da qualche angolo...
Chissà perché mi sono resa conto
Che non suonasse affatto il violino!
Per lui le cose non valevan nulla —
Quanto la neve di dicembre a luglio!
Tale violinista fu il mio avolo.
Tale son diventata io poeta. 
23 giugno 1915

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