L'elogio dell'infanzia, i Balcani, un certo senso di libertà. Peter Handke, Nobel per la Letteratura 2019. Tributo


Peter Handke in questo video racconta quello che ha provato dopo aver ricevuto l'annuncio che gli comunicava di aver vinto il premio Nobel per la letteratura 2019. Non smetterei mai di guardarlo, di ascoltare le sue risposte, le sfumature del suo inglese esausto. Mi pare umanissimo e onesto, anche se viene incalzato e accusato di incoerenza, quando non di disonestà per aver dichiarato alcune cose contro il Nobel nel 2014. Non realmente contro il Nobel secondo me, erano affermazioni contingenti, specifiche, che non si dovrebbero decontestualizzare, ma non siamo abituati a farlo, non più. Si rinfaccia con facilità a uno scrittore come lui che non si è mai tirato indietro, controcorrente e impavido. Aspettiamo coerenze che non esistono, eppure è uno di quei casi in cui, davvero, è l'opera che parla e si potrebbe fermare il rumore di fondo che angoscia e avvelena come fanno sempre le manipolazioni delle notizie, o le notizie usate contro, affilate per colpire. Lui, lo scrittore, in questo video, quindi, intervistato da un gruppo di giornalisti. Dice di avere provato un  particolare senso di libertà in seguito all'annuncio, dice di non avere mangiato, risponde, è cortese, anziano, intenso. Ho aspettato prima di scrivere di lui, per via, appunto, delle polemiche che hanno accompagnato l'assegnazione di questo premio 
Lo lessi per la prima volta a vent'anni, poi smisi, poi lo rilessi, e continuai. "La donna mancina", "Infelicità senza desideri", "Canto alla durata" ancora e ancora, "La notte della Morava" "Pomeriggio di uno scrittore", "Saggio sul luogo tranquillo". Non ho mai smesso. Letture  e riletture ma anche condivisioni e slanci, aperture e approfondimenti di punti di vista scomodi, realtà laterali, controverse. Tutto questo è presente nelle sue opere, come un coltello affilato come sono presenti paesaggi e periferie che sono nello spazio esterno  ma anche dentro le storie e dentro l'uomo. In fondo tutto quello che scriviamo e quello che amiamo, o tutte le persone che amiamo, hanno a che fare con lo spazio, con le nostre geografie, col territorio. Su questo è facile trovare similitudini e distanze con Peter Handke. Ho letto critiche per le sue posizioni durante le guerre balcaniche, ho sempre pensato come la scrittrice Patrizia Caffiero "la semplificazione delle questioni è cancro culturale allo stadio terminale", riferendosi proprio ad Handke


Sulla sua posizione scomoda e controversa nei confronti di tutte le vicende tragiche e complesse che hanno portato alla dissoluzione della ex- Jugoslavia ho avuto per la prima volta un'idea organica e approfondita in una conversazione- intervista che feci a Babsi Jones, autrice di "Sappiano le mie parole di Sangue".
Fra le tante cose importanti che mi raccontò la Jones in quella intervista, ci fu questa .



...Quando ho cominciato a scrivere, nel 2001, l'idea di fondo era di scrivere un saggio, e un saggio che fosse una costola,  una gemmazione di tre saggi"filoserbi" di Peter Handke. Io viaggiavo nella ex -Jugoslavia e avvertivo un vuoto, un non detto pesante come piombo: uscivano ed erano già usciti testi sulla Bosnia, dalla parte della Bosnia; una pletora di saggi alcuni dei quali francamente stucchevoli, fini a se stessi e al narcisismo degli autori; io li sfottevo, chiamavo gli autori  Castruzzo Parascazzi. Nessuno aveva osato narrare il lato oscuro, il buco nero: i mass media davano in pasto agli spettatori un concetto lineare( "i buoni sono bosniaci, i cattivi sono serbi") e tutti si attenevano a queste istruzioni mediatiche. Tutti in riga e braccia conserte. A me è venuta in mente Oriana Fallaci, e so di pronunciare un nome che dà noia, che irrita, che non è politically correct. Oriana, con "Niente e così sia" che è un reportage/romanzo meraviglioso, aveva osato raccontare il Vietnam dalla parte degli americani. Atto sacrilego, te ne rendi conto. E' stato riflettendo su questo sacrilegio, su questo sfondamento dell'ovvio e del "politicamente corretto" che mi sono chiesta: posto che i cattivi siano davvero i serbi, posto che in un contesto bellico (ovvero: in un contesto in cui l'uomo è spinto alle sue estreme risorse) si possa davvero tracciare una linea di demarcazione e piazzare le vittime da una parte e gli aguzzini dall'altra, ma perché "dimenticare" di narrare anche la storia dei cattivi? I cattivi non hanno diritto a una memoria, all'analisi? I soldati serbi, per tirare ancora in ballo De Andrè, forse "muoiono di meno"? Mettere sotto il tappeto azioni umane ( troppo umane?) quali l'agressione/agressività, il desiderio di combattere, persino di vincere-scopare tutto questo e occultarlo sotto un ampio tappeto è quel che è giusto fare? Io sentivo l'ingiustizia. La sentiva Handke che sottotitolava  "Viaggio d'inverno"-giustizia per la Serbia. Sicché mi sono detta: puoi farcela. Puoi lavorarci anni e tirar fuori un saggio che racconti quello che non è stato raccontato, che pochissimi hanno osato raccontare. Io non ho paura di finire nella fossa degli additati, delle carogne-ci sono nata. Così ho accumulato valanghe di appunti e studiato, studiato, studiato. Nel 2004, infine, avevo fra le mani circa un migliaio di fogli manoscritti da cui partire per strutturare questo ipotetico saggio, alcuni editori cominciavano a ronzarmi intorno. Mi interessava in modo particolare la questione del Kosovo, perché il Kosovo è l'anus mundi dove si sono annidate le contraddizioni più clamorose, ed è il luogo chiave per comprendere le mitopoiesi balcaniche e i futuri potenziali massacri. A quel punto mi sono riletta e mi sono resa conto di come suonava, la mia voce, se udita da fuori: io avevo fatto del giornalismo ( o forse dovrei dire: mediattivismo?) in rete e avevo come chiodo fisso, da sempre, la drammaturgia. In pratica, la mia voce si era modulata, senza che io potessi deciderlo, su due canali se vuoi antitetici: quello asettico, mortuario, scarno e scarnificato dei lanci d'agenzia, e quello epico, poetico, evocativo, visionario dei testi che amavo leggere, di cui mi nutrivo: Beckett e il suo finale di partita, o Heiner Muller e la sua Maschine, Kantor, Koltés e Brecht, Shakespeare.

Il libro della Jones si collega al mio rapporto con lo scrittore premio Nobel , sia perché è anch'esso un libro magistrale, un "quasiromanzo" che io annovero fra i libri fondamentali per la mia vita, nonostante la scarsissima fortuna e il ritiro dell'autrice da ogni ribalta. Lo porto con me, è stato davvero una svolta, l'intervista all'autrice la trovate qui ed è negli archivi originali di questo blog, sulla piattaforma Kataweb. Le sue parole aprono ulteriormente finestre ampie, possibili riflessioni. Da lì, dal libro di Jones e dall'Handke che ancora non conoscevo, 12 anni fa, ho cominciato a studiare e approfondire le guerre balcaniche, la cui infinita complessità difficilmente può essere riassunta da verità che siano quelle ufficiali o altre. Ho approfondito e continuo ancora, ho letto un magnifico e documentato libro del giornalista francese Jacques Merlino, questo . Merlino non è certamente un estremista o un complottista, ma un giornalista serio, che documenta e racconta e  ha una posizione molto simile a quella dello scrittore austriaco. Sono convinta che prima di criticare, di scagliarsi contro "la vergogna di questo Nobel", confondendo così l'autore con l'opera, si potrebbe cogliere l'occasione per approfondire quello che è stato percepito e filtrato come certo sempre avviene e magari capire meglio, capire in modo più ampio. Certo, i Balcani sono e saranno sempre un groviglio,  a volte diventano inevitabilmente un luogo dell'anima, ma sono  stati spesso un luogo della ferocia dell'uomo contro l'uomo, capirli è  molto difficile ma tentare, come sempre uno degli scopi necessari di chiunque abbia a cuore il pensiero libero, la letteratura, la letteratura che prende parte, che sceglie.
Handke non è solo questo, naturalmente. Anche la poesie del Song of Childhood, dal film di Wim Wenders "Il cielo sopra Berlino". Su tanto altro tornerò sicuramente.




Francesca Mazzucato

Commenti

  1. 💗finalmente si comincia a parlare e non alatrare su Handke. Grazie.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari