Sette anni di Peter Stamm /vintage Books



 Ho  visto, per caso, Sette Anni, di Peter Stamm, Neri Pozza. Qualcosa mi ha spinto a prenderlo, subito, quello, non l'altro, Ho quello, perché era quello che dovevo prendere in mano. Ho letto rapidamente la trama. Una citazione
«La ricerca dell’amore, l’inseguimento della felicità, la confusione delle emozioni, Peter Stamm rivisita questi temi eterni in un romanzo che risuona a lungo nell’animo del lettore». “
tratta da una recensione su qualche giornale straniero, quelle frasi che si usa mettere sul retrocopertina dei libri. Dovevo prenderlo. O entrambi o solo quello. Anzi, solo quello per goderlo di più, per leggerlo senza fretta. Ho sentito che quel libro mi riguardava. I libri possono costituire incontri necessari, ci sono momenti in cui sanno che devono avvicinarsi a noi, possiamo anche non accorgersi di loro, non accorgerci dell'autore. Perdiamo moltissimo, perdiamo tutto. Perché invece, siamo destinati a leggerli e ogni libro ci aprirà un mondo, una poetica, una diversa visione, un altro tipo di sortilegio. Ci sono, certo, anche libri scelti a tavolino, accuratamente pensati, ponderati e cercati. La lettura è un'attività carica di varianti. Ma quelli che ci parlano dallo scaffale della libreria, senza che la biografia dell'autore ci influenzi in alcun modo, solo per la potenza della storia che ci viene tramandata da poche note, beh, quei libri sono una preziosissima magia, sono una delle ragioni per cui vale la pena vivere. Non lo sappiamo, sul momento, lo capiamo dopo. Mi era capitato anni fa con Imre Kertész. Avevo provato una profonda gratitudine ad un viaggio a Budapest che era stato complice della scelta. Della lettura. Così è stato anche con Sette Anni e con Peter Stamm. Mi sono resa conto solo dopo, che nei suoi luoghi, che nella parte di Svizzera dove è nato e abita e nelle città dove ha vissuto, io ho moltissimo a che fare. Prima, è stata solo la storia.
Alex sta con Sonja, è la donna che ha sempre stimato e ammirato, con cui condivide passioni, vicinanza, professione, discussioni, amicizie, e, da quando è diventata sua moglie dovrebbe condividere un appagamento che non è evidente. Anzi. E' nascosto, sospeso, altalenante. Lui è attratto irrimediabilmente, senza riuscire a darsi alcuna spiegazione per questo bisogno, per questa seduzione, per questo desiderio, da Iwona. Iwona che non parla, o dice pochissime frasi con poco senso, che non si presta a minuetti sociali, che non mostra gli entusiasmi appassionati tipici di sua moglie, che è una bigotta donna solitaria di origine polacca, con una sola certezza. Lo ama. Glielo dice dopo poco, dopo un incontro o due. Lui non le risponde, non le dice anch'io. Lei non lo vuole. Ma Alex non resta indifferenza. Quella frase, la dedizione della donna. Il suo attenderlo, sempre. Solo questo. Può bastare? No, non gli basta ma la cerca, non gli basta ma con lei riesce a provare fugaci momenti di un appagamento quasi animale, di un riempimento autentico, momenti che diventano per lui fondamentali. E' sua, è altra, è diversa. La deve avere. Un'attrazione senza spiegazione, violenta, feroce, animale, Alex prova blandamente a negarla ma non ci riesce, talora dopo aver avuto con lei un rapporto sessuale prova persino un senso di repulsione, ma sa che può accadere. Accetta che ci sia, vive la sua presenza nella sua vita, la va a trovare, fa l'amore con lei. Le sue giornate cominciano ad essere vissute con rabbioso attaccamento, con necessario vorace bisogno di stare con Iwona, guardarla, possederla. Nella distanza di vita, di pensieri, di storie. Nell'assenza di parole. Ecco, l'assenza. La sospensione. Quello che c'è e poi non si sa, che rimane sospeso, non si solidifica. Quello che avviene perché deve avvenire, risponde a una necessità, senza teorie, senza sogni romantici, senza epica, senza avventura intellettuale o creativa, senza altro che il semplice esistere. Quello che, dopo ogni volta, lui dice a se stesso che non accadrà mai più- Nella vicenda di Iwona, Alex e Sonja avverrà qualcosa che costringerà a qualche cambiamento in tutti, brandelli di sofferenza intrinseca alla vita, anche se quello che avviene, per altri narratori, potrebbe costituire un melodramma, qualcosa da narrare con pathos,un evento cardine e culmine. Certo, è qualcosa di serio, che produce un doppio strappo di dolore. Non ve lo anticipo, è un libro necessario, non posso rivelarvi la trama. L'evento potrebbe essere un cataclisma, ma riesce ad esserlo fino ad un certo punto, non ci chiarisce molto di quello che è accaduto prima, viene ( in apparenza) risolto in fretta. Quello su cui la narrazione incide la pelle e taglia viscere e cuore, è la narrazione della vita, frames precisi e appuntiti, questa insensatezza che non ha spiegazione, che semplicemente è, insieme alle cose così come sono, agli eventi, a quello che capita, alle spinte, le più basse come le più intellettuali. ( Momenti di altissima e feroce letteratura sono in tutto il libro, ma restano impressi i momenti quando Alex guarda Iwona che si spoglia, poi la sua l'imperfetta e trascurata nudità e si coglie il suo vergognarsi per un desiderio che pure c'è, che esiste, che non ha ragione di negare)
Dopo questa scoperta casuale, dopo questa storia di relazioni e fragilità nella insensatezza del vivere una vita dove la felicità la si vorrebbe comunque perseguire, dopo questo romanzo capitato perché Stamm era vicino alla S e vicino a Simenon, ho voluto leggere tutto, ho cercato tutto, ho desiderato continuare. La raccolta di racconti “
Quello che sappiamo fare” è stato l'ultimo che ho letto ed essendo esaurito, in probabile ristampa, ho domandato su twitter. Ho scritto più e più volte di questa scoperta, ho riportato le copertine man mano, e poi ho chiesto il retweet, un giorno, quando avevo finito “Una vita incerta” e quindi terminato i libri che avevo sottomano dello scrittore svizzero. Come spesso accade, gentilissimi l'hanno fatto e mi hanno dato le indicazioni per trovarlo, è stato il frutto di una ricerca, di una collaborazione, di una condivisione, cosa che ha reso, il trovarlo, un momento doppiamente felice: usato, ottime condizioni, spedizione in tre giorni, ho offerto di pagarlo il doppio del prezzo richiesto( veramente basso). Non volevo e non potevo rimanere troppo tempo senza leggerlo, ho provato, leggendo Stamm quel senso di dipendenza che capita di rado, quando di un autore si vuole tutto, si divora tutto, si rilegge, si riprende, si tiene accanto, sulla scrivania, lo si cita continuamente. Perché Peter Stamm è un “disadattato” che vuole e deve “dis-adattare” come tutti gli scrittori più grandi, leggerlo infila in un quadro di Hopper, come ha sottolineato una mia amica alla quale avevo parlato con insistenza sopratutto di Agnes. Non riesci ad essere più la stessa persona. Aggiunge, disturba, non concede consolazioni, non spiega, non fornisce analisi psicologiche, non dona magnifiche ricette e nemmeno lascia intravedere sublimi sorti progressive. Se mai ci si avvicina al Beckett che aveva iniziato a compiere la sua erosione definitiva, al Beckett dell' attesa nella consapevolezza della “failure” che ci consente solo di “fallire ancora, fallire meglio” come ipotesi di una speranza, se mai una speranza debba essere cercata, in un libro o in un'opera d'arte.
Nei libri di Stamm, nei racconti contenuti in “Quello che sappiamo fare” , nel magnifico “Una vita incerta”le persone scappano, viaggiano, si muovono, l'erranza, lo spostarsi è una dimensione fisica e narrativa, privata di qualsiasi connotazione psicologica, calata in un globale non senso. Attraverso un linguaggio perfetto, attraverso un narrare “necessario” e “terribile” che rende romanzi e racconti quasi dei thriller sul quotidiano nel suo dipanarsi sempre uguale, attraverso narrazioni dove ci si identifica per forza e che impediscono di abbandonare il libro, anzi creano con i libri di Stamm un rapporto simbiotico, strano, doloroso, insidioso, come se si stesse continuamente davanti allo specchio della condizione umana, attraverso tutto questo si sente che lo sguardo si allarga, che qualcosa di più ( impercettibile, indefinibile) è stato compreso: c'è una rappresentazione della natura umana, dei desideri e della loro fallacia, dello sbriciolarsi rapidissimo delle illusioni, del sospeso e del silenzio come uniche chance per sfuggire al banale che strozza, c'è la lineare narrazione dei desideri fisici che fanno accadere le cose perché è semplicemente così che deve andare, una assenza di consolazione che angoscia e seduce. Come se si parlasse sempre d'amore senza alcuna traccia di sbavatura, senza epica, senza esagerazione. Ogni storia, e Sette anni non fa eccezione, è una storia sulle relazioni nel contemporaneo, su quello che cerchiamo, sugli eventi-trauma che tanto notiamo, e su tutti quei minuscoli eventi quotidiani, piccolissimi e quasi invisibili, nella ripetizione e osservazione dei quali, forse, c'è la sola bussola che Peter Stamm ci fornisce per capire qualcosa della vita, dei corpi, della carnalità, del vuoto, delle memorie dei primi amori, che restano, spesso, l'unica consolazione, l'unico motore, l'unica chance. Memoria, attesa, sintonia col tempo e il ritmo della vita. Quel giorno alla S ho scoperto uno scrittore che ha creato un mondo talmente capace di captare la sensibilità contemporanea, talmente perfetto e pronto a tatuarsi sulla pelle, a lasciarsi ricordare, a premettere riconoscimenti, un mondo universale, con montaggi di rara precisione e perfezione nel calibrare lo svolgimento narrativo, che ho ricominciato da capo a leggerlo subito dopo aver terminato tutto. Lo ritengo uno degli scrittori più importanti, intensi, vividi, creatore di personaggi femminili indimenticabili che si muovono nella ferocia del vuoto, uno scrittore coraggioso, affilato, capace di raccontare ( e distruggere) la fragile pellicola che costruiamo, i coriandoli rappresentati dalle nostre illusioni, e sicuramente uno degli scrittori più importanti, in questo momento, in Europa.

Francesca Mazzucato


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