Maurizio Pansini. La Storia la scrivono i vincitori

 





Ricordo il tempo della prima migrazione.

Cambiare non fu facile per nessuno di noi, dopo secoli di abitudine nel nostro habitat trasferire le nostre vite altrove fu pieno di rischi.

Lo spaesamento fu totale, ci costrinse tutti a nuove abitudini, a sacrifici, all’abbandono dei nostri cari, allo spaventoso incontro con l’ignoto.

Affrontammo la sfida, carichi di attese.

La nuova vita ci portò lontano, dovemmo adattarci in fretta alle condizioni pericolose in cui ci trovammo.

Sviluppammo capacità impensabili per sopravvivere in ambienti ostili.

L’emigrazione costò disagi, perdite dolorose.

Si aprirono però grandi prospettive di espansione.

Scenari di successo insperati, prosperità per tutti noi.

La voce si sparse in patria e cominciò un esodo mai visto prima.

La via della seta tornò in auge, attraverso quella, infatti, fu rapido il trasferimento di massa.

Ci acclimatammo in ambienti diversi, sviluppando una resistenza superiore.

Poi…

Cominciò inattesa la disfatta.

I nemici identificarono il nostro tallone d’Achille.

Spietatamente utilizzarono la nostra debolezza per compiere una vera e propria strage.

Dopo una breve, inutile resistenza, che causò gravi perdite al nemico, dovemmo cedere alla loro arma segreta.


Fummo costretti alla ritirata.

Rientrammo in patria, dove in pochi ora sopravviviamo.

La resa fu senza condizioni.

Ci avevano isolato definitivamente e sconfitto.

Anche il ricordo di noi si perse con gli anni.


Quando racconto di noi, corona virus, nessuno sa di cosa parlo. 




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